SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA
sposa e religiosa
(1207-1231)
«Compiva tutte le opere di carità nella più grande gioia dell'anima e senza mai mutar di aspetto» (Dalla testimonianza della sua ancella Isentrude)
Un matrimonio comandato.
È chiamata Elisabetta d'Ungheria solo perché nacque in quel paese nel 1207 dal re Andrea II, nel castello di Saros Patak vicino all'attuale Budapest, ma la sua vita si svolse tutta in Turingia. Aveva infatti quattro anni quando fu fidanzata con un ragazzo di undici, Lodovico, figlio del langravio della Turingia - così era chiamato un grande conte in quelle regioni - e subito portata nel castello del promesso sposo per esservi educata secondo la lingua e i costumi della nuova patria.
Sembra che questo trasferimento nel castello di Wartburg non abbia inciso negativamente sulla psicologia della bambina, anche perché le misero attorno quattro ancelle che le fecero da madre e da sorelle e con le quali lei stabili una profonda intesa anche spirituale.
D'altra parte a quei tempi era normale combinare matrimoni tra le corti senza preoccuparsi troppo del previo consenso dei diretti interessati. Tali nozze non solo servivano per sistemare le figlie dei nobili secondo il loro rango, ma venivano incontro anche al bene dei sudditi perché i vincoli matrimoniali, imparentando i potenti, spesso evitavano ai sudditi la disgrazia delle guerre.
...eppur felice
Quando il principe Lodovico raggiunse la maggior età ed Elisabetta i suoi 14 anni, si celebrarono le nozze. Fu un matrimonio felice.
Elisabetta, riferendosi al suo amore per lo sposo, soleva confidare alla sua ancella Isentrude: «Se io amo tanto una creatura mortale, quanto più dovrei amare il Signore, immortale e padrone di tutti!». Ma l'amore umano in questi due coniugi era così autentico che non soltanto non offuscava l'amore divino, ma lo potenziava. Sempre la fedelissima Isentrude dava questa testimonianza: «Si amavano di un amore meraviglioso e s'incoraggiavano dolcemente, l'un con l'altra, nel lodare e servire Dio». Questo spiega anche perché il marito l'assecondasse nelle opere di misericordia che lei intraprendeva a favore dei poveri, utilizzando i beni di ambedue.
La principessa vestiva con tale semplicità da non distinguersi dalle sue ancelle e sbrigava insieme a loro tutte le faccende domestiche.
Non è che avesse molto tempo da dedicare alle vanità, perché a quindici anni aveva già il primo figlio, Ermanno, l'erede, e a diciassette anni Sofia. D'altra parte il confessore di Elisabetta, il francescano Rüdiger, la guidava sulle orme di Francesco d'Assisi. La figura di questo santo, ancora vivente, si scolpì profondamente nel cuore di lei, non solo stimolando l'amore ai poveri, ma innamorandola di madonna povertà.
Vedova e povera a vent'anni
Se nell'interno del castello di Wartburg regnava l'armonia, non era altrettanto fuori. Già i genitori di Lodovico avevano avuto grane con l'arcivescovado di Magonza che non si contentava di esercitare la giurisdizione ecclesiastica su Wartburg, ma rivendicava anche il diritto alla riscossione di tasse sulle terre del langravio. A causa di queste controversie il padre di Lodovico era morto scomunicato.
Per risolvere alla radice questo annoso problema Lodovico accettò l'invito di papa Onorio III di prendere parte alla crociata guidata dall'imperatore Federico II. Il giovane principe - gli assicurava il papa - avrebbe ricevuto in cambio un sussidio di quattromila marchi d'argento dall'imperatore e, per ordine della Santa Sede, l'esenzione dalla giurisdizione dell'arcivescovo di Magonza.
Prima di partire per la crociata egli invitò al castello di Wartburg, Corrado di Marburgo, famoso predicatore della crociata e messo pontificio, affidandogli la cura spirituale della moglie e la garanzia degli accordi durante la sua assenza. Poi partì con i crociati, mentre Elisabetta stava aspettando la nascita di Geltrude, la terzogenita.
Giunto ad Otranto, mentre si preparava per partire verso l'Oriente, Ludovico fu sorpreso da morte improvvisa. Quando un messo recò la notizia al castello, Elisabetta esclamò: «Morto! E con lui è morto ogni mio bene al mondo».
Sulle orme del Poverello
Iniziava per la vedova un periodo molto doloroso. Lasciato il castello di Wartburg, si trasferì a Eisenach, poi a Pottenstein e quindi a Marburgo. Elisabetta aveva venti anni ed era di bell'aspetto. Suo fratello, I vescovo di Bamberga, per porre fine alla sua tribolazione le consigliò di risposarsi, ma lei aveva ben altri progetti. Ora che le avevano tolto ogni cosa, persino i tre figli ancora cosi piccoli, le restava però la possibilità, tante volte agognata, di rinunziare a tutto per donarsi a Dio secondo lo spirito di san Francesco. Se fino a quel momento si era dedicata ai poveri, adesso poteva vivere la povertà nella sua pelle e praticare l'hostiatim mendicare, il mendicare porta a porta dei francescani, espressione perfetta di madonna Povertà.
In un venerdì santo, ponendo le mani sul nudo altare, rinunziò alla propria volontà e a tutto quanto il mondo le poteva ancora offrire. Dovette intervenire Corrado, il tutore pontificio, per obbligarla a far valere i suoi diritti di vedova. Con la dote che le venne assegnata costruì un ospedale a Marburgo dedicandolo a san Francesco e passò il resto della sua vita nel servire gli ammalati.
Moriva a 24 anni, il 17 novembre del 1231, appena cinque anni dopo il transito di san Francesco. Di lei, subito dopo la morte, Corrado di Marburgo scriveva al papa: «Oltre a queste opere attive (a favore dei poveri), dico davanti a Dio che raramente ho visto una donna più contemplativa; ritornando dal luogo appartato dove andava a pregare, fu vista più volte col volto mirabilmente risplendente, mentre dai suoi occhi uscivano come due raggi di sole».
Anche se Elisabetta non aveva vestito il saio francescano, aveva però assimilato molto bene lo spirito del Poverello di Assisi e l'imperatore Federico II, dopo aver preso parte alla sua sepoltura, fece comunicare a frate Elia: «La venerabile Elisabetta, così cara a Dio, di stirpe illustre, come stella mattina illuminò la nebbia di questo mondo».
Nonostante la fama di santità, il processo di canonizzazione incontrò molti ostacoli da parte dell'arcivescovo di Magonza, che non perdonava al castello di Wartburg di essersi sottratto alla sua giurisdizione civile. Ci volle l'intervento di san Raimondo de Peñafort, che diede parere favorevole, perché il papa Gregorio IX la proclamasse santa il primo giugno del 1235, appena quattro anni dalla sua morte.
Elisabetta divenne allora l'ispiratrice e il modello - soprattutto in Germania - di tutte quelle donne che, pur restando nel mondo, volevano dedicarsi alla contemplazione e al servizio dei poveri e da lei presero il nome di elisabettine.
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